Poliscritture” n. 9/ invito alla collaborazione sul tema:
FORTINI (1917-1994): BUONE ROVINE PER ESODANTI VECCHI E GIOVANI
«…‘Vi consiglio di prendere le cose che ho detto e di buttarne via più della metà, ma la parte che resta tenetevela dentro e fatela vostra, trasformatela. Combattete!’ »
(Le rose dell’abisso. Dialoghi sui classici italiani, Boringhieri, Torino, 2000)
1.
C’è il “Fortini poeta” (titolo dei saggi su di lui scritti da Luca Lenzini). Riproporlo a quanti dopo di lui hanno continuato o cominciato a scrivere poesie. Misurarsi coi suoi versi di una vita, da Foglio di via a Composita solvantur, può essere un primo percorso di lavoro. Farlo liberamente (su alcuni testi o raccolte ritenute “esemplari” o che parlano alla soggettività del lettore-critico) o in modi mirati (ad es. scegliendo alcuni suoi testi “difficili”) e vedere come reagiscono di fronte ad essi i moltinpoesia d’oggi: come interrogano questa sua poesia, come sono interrogati da essa; potrebbe essere interessante tentare degli “esercizi di rifacimento” ( non di imitazione) proprio per misurare vicinanze e distanze.
2.
C’è il Fortini critico letterario accademico-militante. Qui c’è da pronunciarsi, al di la dei semplicistici atteggiamenti di rifiuto o di ossequio, sul numero che gli fu dedicato da Allegoria all’indomani della sua scomparsa, sul lavoro svolto in questi anni dal Centro Franco Fortini, su quello della rivista L’ospite ingrato e in particolare sul più importante convegno senese «Dieci inverni senza Fortini» svoltosi nel 2004, primo decennale della sua morte. Sono contributi complessi, non di facile lettura e interpretazione. E si potrebbe lavorare su campioni scelti a ragione proprio alla luce della funzione svolta dalla critica letteraria più vicina in vita a Fortini per valutarne gli effetti: quale immagine di lui e della sua opera è stata salvaguardata? Quale trascurata o messa in secondo piano? Perché? Che possiamo pensare o fare noi da un punto di vista extra accademico? E questo punto di vista extra accademico (o ”militante” o “esodante”) ha davvero senso, è necessario? Perché?
3. C’è il Fortini marxista e comunista, volgarmente o spregiativamente detto “ideologo”. È il Fortini più “impolverato”, messo sullo sfondo o in soffitta, imbarazzante anche per molti suoi ammiratori o ex sodali. ( E forse molti, non tutti, preferiscono sorvolare, attenersi al Fortini poeta dove l’”ideologia” sarebbe più diluita o accantonata dalla “poesia”.) È il punto più difficile da discutere oggi. Perché è come dire che la Casa (della sinistra socialista e comunista) abitata da Fortini è crollata. E a questo punto si affacciano una serie di dilemmi anche con risvolti personali e generazionali che brutalmente possono sintetizzarsi in alcuni comuni slogan (il cui contenuto andrebbe poi esplicitato e scavato): da quelli che affermano la necessità della tabula rasa o dell’oblio o dell’oltrepassamento definitivo (“fine del comunismo”, “oltre il Novecento”, “Good bye, Mr. Socialism, “uscire da Marx dalla porta di Marx”) a quello più amletico (“Rifondazione o esodo”) a quelli della riproposizione dell’Idea di Comunismo (“Comunismo e comunità”, il n. di “alfabeta 2” con contributi di Badiou, etc.) o di una sua versione più pragmatica e ‘popolare’ ( la tematica del bene comune o dei beni comuni). I risvolti personali (almeno per alcuni di noi) riguardano quel “proteggete le nostre verità” dell’ultimo Fortini. E la domanda potrebbe essere posta nei termini: le abbiamo protette davvero? Si possono ancora oggi proteggere?
4. Crediamo perciò di poter ripetere quanto già scritto il 15 dicembre 2011 da Ennio Abate sul blog Moltinpoesia: « Per me l’opera di Fortini è un falò che ancora brucia. Credo che quelli che ne sentono l’esigenza e l’urgenza possano avvicinarsi, non solo per scaldarsi, ma per rifornirsi di buoni tizzoni con cui illuminare il buio in cui ci siamo venuti a trovare. Ridiscutere […] la sua figura, le sue poesie e le sue prose, permetterebbe di recuperare una potenza di riflessione oggi del tutto mancante nei discorsi che trattano di poesia e letteratura. Lo dovranno fare soprattutto i giovani; e vincendo una tendenza a vedere in Fortini, sì, un maestro, ma quasi esclusivamente un “maestro letterario” che potrebbe giovargli per una carriera professionale, trascurando proprio il Fortini più ingrato e, cioè, il critico della poesia e della letteratura. Certamente Fortini va considerato un classico da riusare tenacemente, ma non per inserirsi nei riti postmoderni prevalsi nelle università, nell’editoria e nello stesso Web. Piuttosto per combatterli. (Tutte da rileggere e commentare, ad esempio, sarebbero le due voci Classico e Letteratura nella vecchia Enciclopedia Einaudi). Inoltre pensiamo che questo riuso debba porsi l’obbiettivo di scegliere tra i suoi scritti e delineare, se non un “Fortini per tutti”, un “Fortini per molti”[…] ››.
Varrebbe la pena allora di rileggere gli Atti del convegno del 2004 «Dieci inverni senza Fortini» e, distinguendo contributo per contributo, smontare e rimontare quel volume per scegliere ciò che serve oggi a noi, che abbiamo altri tipi di interlocutori, di possibili destinatari e di problemi. Nel far questo dobbiamo tener conto dei mutamenti avvenuti (che non significa adeguarvisi). Si è avuta una cesura drastica tra l’epoca vissuta da Fortini (e Pasolini) e quella in cui noi ancora viviamo. E in questa che dovremmo imparare a muoverci tra “umanisti” e “scientifici” e scegliere tra le rovine quelle buone e nel nuovo ciò che non si riduce a «vino dei servi».